A cosa servono i registri parrocchiali?
Ogni chiesa parrocchiale ha l’obbligo e il dovere di annotare nei registri parrocchiali tutti gli eventi che riguardano la vita religiosa della parrocchia. I registri sono quattro e si riferiscono ai battesimi, alle cresime, ai matrimoni e ai funerali, ognuna di queste celebrazioni deve essere accuratamente riportata sul registro parrocchiale.
A questi quattro libri si aggiunge un quinto libro, lo Status Animarum, utilizzato in particolari occasioni come le benedizioni pasquali, e in cui viene annotato un censimento o una descrizione generale che riguarda lo stato spirituale dei parrocchiani.
I registri parrocchiali sono indispensabili per costruire un patrimonio storico e sociologico, rappresentano un punto di riferimento essenziale per una completa e accurata ricerca genealogica. Scopriamo insieme come nascono e a cosa servono!
Indice degli argomenti:
L’origine dei registri parrocchiali
L’origine dei registri parrocchiali è molto antica, alcuni risalgono a prima del Concilio di Trento. Possiamo infatti trovare le trascrizioni dei battesimi che risalgono al 1379 a Gemona, al 1381 a Siena, al 1428 a Firenze e al 1459 a Bologna.
I registri parrocchiali sono diventati obbligatori nel 1563, per quanto riguarda le trascrizioni di battesimi e matrimoni, e nel 1614 per le morti. Nel 1614 la Santa Sede decise di fornire delle regole ben precise per la compilazione dei registri.
Come abbiamo detto, l’obbligatorietà della compilazione risale al 1563, più precisamente l’11 novembre durante il Concilio Ecumenico di Trento. Da quel momento in poi ogni parroco doveva annotare in libri separati i battesimi e i matrimoni avvenuti all’interno della parrocchia. In seguito questa norma fu estesa anche ai morti con successive costituzione pontificie. Inoltre, ogni parroco doveva redigere uno “stato delle anime” dei propri amministrati e un registro per le cresime.
In Italia questi registri rappresentano l’unica registrazione continuativa delle nascite nel periodo anteriore all’istituzione dello stato civile. Infatti, all’anagrafe comunale i primi registri delle nascite sono comparsi solo a partire dal 1867.
Come riportare un evento sul registro
La Santa Sede ha definito una normativa particolare che guida la compilazione del registro parrocchiale. Le annotazioni seguono dunque le formalità definite dal rito romano. Ogni documento pubblico deve riportare il luogo, la data e la tipologia dell’atto iscritto, il nome dell’officiante, così come il nome degli interessati, quello dei testimoni presenzianti e deve essere sottoscritto dall’ufficiale.
La chiesa cattolica richiede inoltre che nei registri le persone vengano individuate non con il solo nome ma anche con l’indicazione della parentela e della parrocchia a cui appartiene. Queste informazioni accrescono l’utilità dei registri nelle ricerche documentarie e contengono un forte valore storico.
La lingua usata nei registri
La stesura degli atti nei primi secoli dopo l’introduzione dei registri parrocchiali, e in alcune diocesi fino al XX secolo, avveniva in latino con formule precise che variavano a seconda dei diversi tipi di registrazione. Erano dunque differenti nel caso del battesimo, del matrimonio, della morte e così via.
Se il parroco aveva una scarsa istruzione, ad esempio nel caso dei preti in campagna, poteva capitare che la lingua usata fosse imprecisa e lontana dalle formule di rito. Questo poteva accadere quando a margine o tra le registrazioni cronologiche, venivano annotate notizie particolari o degne di essere ricordate. Ad esempio una carestia, una nevicata molto intensa, un terremoto, una disgrazia di qualunque genere, una battaglia o un fatto notevole capitato a una persona presente nel registro del battesimo.
Anche queste notizie avevano una notevole importanza storico-documentaria e per questo era essenziale riportare tutto nei libri parrocchiali.
Il valore storico e documentario
Come abbiamo detto, i registri parrocchiali rappresentano una ricca fonte di informazioni, soprattutto se si vuole effettuare una ricerca genealogica e demografica del tempo. Per ricostruire le origini di una persona o di una famiglia i registri sono certamente di grande aiuto. Infatti, come stabiliva la regola, ogni annotazione di battesimo deve riportare i nomi dei genitori e in questo modo è possibile identificare in modo univoco la linea genealogica e risalire indietro negli anni individuando anche gli atti relativi ai genitori, ai nonni e così via.
L’informazione aggiuntiva della parrocchia di provenienza è essenziale per continuare la ricerca a ritroso sui registri di quest’ultima parrocchia. In caso contrario l’indagine si fermerebbe al registro di una sola parrocchia, in questo modo invece sono tutte unite come in un unico registro.
Le annotazioni riportano inoltre anche i nomi di madrine e padrini, di testimoni, informazioni che possono essere utili per identificare meglio le persone oggetto della ricerca. Quando si vuole ricostruire una genealogia, il rischio di omonimie è piuttosto alto e questo ci permette di ridurre al minimo l’errore. Le omonimie sono piuttosto frequenti soprattutto dopo la Controriforma, quando i nomi più particolari andarono gradualmente scomparendo a favore dei nomi di santi riconosciuti.
Questo ha causato un maggiore utilizzo di alcuni nomi favorendo le omonimie e aumentando la possibilità di confondere le persone tra loro. Più informazioni si hanno a disposizione da confrontare minore sarà il rischio di commettere errori. Un altro elemento di incertezza facilmente riscontrato è dato dalla diffusione della tradizione di dare ai nipoti, primogeniti e non, il nome dei nonni.
Quando si esegue una ricerca di questo tipo, sono molto utili le annotazioni a margine scritte dal parroco, che si rivelano preziose fonti di informazione per conoscere fatti accaduti alla comunità (eventi sismici e meteorologici) oppure per individuare registrazioni e notizie che si riferiscono a un soggetto già conosciuto.
Anche il registro sullo “stato delle anime” fornisce importanti informazioni che riguardano le visite pastorali del vescovo nella sua diocesi e circa le situazioni soggettive, economiche e lavorative, dei fedeli e delle loro famiglie.
Il valore storico della documentazione diminuisce man mano che si esce dalla ricerca individuale che riguardano le origini di famiglia e ci si appassiona alle vicende generali di un territorio o dell’intera popolazione, non solo informazioni a livello atmosferico o sociale, ma anche in riferimento a cambiamenti lessicali o linguistici.
A cosa servono i registri?
Possiamo immaginare i registri come dei libri che riportano alla perfezione gli avvenimenti di un popolo e di una parrocchia. Le informazioni scritte nei registri non sono sempre uniformi. Prendiamo ad esempio il registro dei battesimi. Nella versione più completa, la registrazione di battesimo presenta anche il numero di pagina ed il numero progressivo di registrazione nell’anno, la data di nascita, inclusa l’ora, e la data di battesimo con il nome di chi ha amministrato e del parroco, il nome e cognome del neonato (con due colonne distinte per registrare i maschi e le femmine), il nome del padre e del nonno e nonna paterna, il nome e cognome della madre e del nonno e nonna materna, inoltre compare anche la via e il numero civico dove risiedono i genitori, luogo e data di matrimonio.
Ma le informazioni sono molte di più. Infatti è presente la professione dei genitori, nome e cognome dei padrini, dei loro rispettivi padri e la parrocchia da dove provenivano e l’ostetrica. Purtroppo in passato era molto frequente che fosse la stessa ostetrica ad amministrare il battesimo nel caso in cui il bimbo era reputato in pericolo di vita. Se il bimbo non moriva, venivano “supplite le cerimonie” in chiesa da un sacerdote. Ecco perchè anche nel registro troviamo informazioni riguardanti l’ostetrica.
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